Il pane è quotidianità: è normalmente sulla tavola tutti i giorni.
Il pane non è un frutto. Banale, è vero, ma ricordarselo non fa male: il sacrificio, l’amore non sono naturali, sono una scelta, un’azione dell’uomo. Come a dire che per avere tra voi l’amore che vince la morte bisogna rimboccarsi le maniche, perché la vita è esigente.
Il pane viene fatto lievitare. Il simbolo del lievito, nella fede cristiana, è potentissimo. Parla di qualcosa di piccolo, di invisibile, di “debole” , di “andato a male” di “impuro”, eppure fa crescere le cose, senza quasi che ce ne rendiamo conto. Così è la legge dell’amore che ci dona Gesù: siamo chiamati a cose anche semplici, piccole, eppure – ci garantisce il Risorto – sono proprio queste cose che, goccia dopo goccia, cambiano il mondo.
Infine, il dato più ovvio di tutti: il pane viene mangiato. Allo stesso modo Gesù ci indica la strada per la vera umanità: donarsi fino alla fine, nutrire le persone accanto noi con quell’amore che, a nostra volta, abbiamo ricevuto.
Gesù è il “‘pane della vita” perché tutti noi possiamo diventare pane, segno quotidiano di un amore semplice, esigente, fragile, donato. Semplicemente pane.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,30-35)
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».